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Il cielo sopra Zube


12-ottieriQuando quella mattina si svegliò, Zube conservava solo un vago ricordo dell’incontro che aveva fatto nel sogno. Ma capì subito che era importante e che quello non sarebbe stato un incontro come tutti gli altri.
Era l’alba. Il Faro si era appena spento. E si era riacceso dall’altra parte del mondo.
Mentre faceva colazione nella sua casa sul mare, cercò di ricordare ogni pezzetto del sogno…
C’era un bambino, di questo era sicura.
Era estate, e lui aveva in testa un cappellino a forma di corona. Sembrava d’oro, perché era fatto di paglia intrecciata, ed emanava come dei riflessi che producevano un affascinante contrasto con i capelli d’ebano del piccolo. Man mano che Zube mangiava i suoi biscotti d’avena e beveva il succo di mirtilli, nuovi particolari prendevano forma e le immagini del sogno si facevano più vivide.
Il bambino reggeva con grazia tra le dita un filo bianco, a cui erano legati dei palloncini colorati.
Erano tanti. Di tutti i colori.
Ma non c’era l’azzurro.
Di questo Zube si accorse subito.
Mentre le si avvicinava, il bimbo muoveva leggermente la testa, come se stesse ascoltando chissà che musica dentro. Certo doveva essere una musica dolce, perché pareva danzare.
Le raccontò una storia strana…
Era venuto a chiederle aiuto per qualcosa che era successo al suo mondo.
Aveva un modo così disarticolato di parlare che le regole grammaticali non erano sufficienti per seguire il filo delle sue parole: Zube entrò nel seducente labirinto che il bimbo con i palloncini andava tessendo…e fu fatalmente rapita dai bagliori della sua corona.
Ecco, nel mondo dal quale il bambino veniva, il blu, tutto il blu, era sparito.
Così, all’improvviso, senza un motivo, era diventato invisibile.
Non so se vi rendete conto.
Un mondo senza cielo, senza mare, senza iris e fiordalisi, senza niente di niente di blu.
“Pure senza mirtilli!” pensò Zube, inquieta per la sua colazione, che aveva lasciato a metà.
Il bimbo con la corona raccontava e intanto camminavano in riva al mare.
Poi, d’un tratto, accadde qualcosa che Zube non ricordava bene. Il suo piccolo amico le sfiorò dolcemente il cuore, disegnando delle piccole spirali con le dita, la prese per mano e cominciò a correre all’impazzata trascinandosela dietro.
“Dove siamo?” chiese Zube, affannata e col cuore in gola, quando alla fine si fermarono. “E perché si è fatto buio?”
“Siamo dall’altra parte dell’orizzonte, Zube. Questo è il mio mondo” fu la risposta, appena sussurrata con voce malinconica.
“Vedi? Da quando il blu è scomparso, la notte non ha più stelle, ed anche il Faro ha smesso di indicare la strada ai naviganti. Vieni, saliamo sulla torre!”

Il bambino con la corona stringeva con una mano il filo sottile dei suoi palloncini (Zube li sentiva dondolare leggeri nell’aria, ma non poteva più vederli con tutto il buio che c’era) e con l’altra la conduceva su per le scalette del Faro ormai spento.
Lei lo seguiva con fiducia. Cominciava a sentire la musica che faceva muovere il bambino e quando giunsero in cima le note dei loro cuori erano così profondamente intrecciate che cominciarono a ballare in un unico sorriso.

“Le stelle” le diceva, e la sua voce era una cosa sola con la musica, “ sono come i miei palloncini. Involucri di gas. Dentro sono caldissime ed è la temperatura che raggiungono che produce il loro colore. Le più calde sono le stelle blu. Ma tutte restano in vita solo se la forza che tiene unite le loro particelle è in armonia con quella che le vuole far disperdere”
“Sarebbe come…” era Zube ora ad avvilupparsi alle note “… come se qualcuno avesse fatto scoppiare il palloncino blu perché voleva tenersi tutto il calore per sé? O perché forse ha smesso di amare le particelle e le sta lasciando andare?”
“Sì, sarebbe così”. Il bambino le sorrise. Ora sentivano i loro cuori battere forte come tamburi, in quella musica dolce.
“Anche questo Faro era una stella, vero?” chiese Zube.
“E’ così”, confermò il bimbo “ma il fuoco che lo teneva acceso si è spento perché gli abitanti di questo pianeta vogliono tutto per sé e poi non se ne prendono cura. Tocca a noi riaccenderlo”.
Si tolse il cappellino a forma di corona e lo poggiò delicatamente nella lanterna. Prese fuoco in un attimo e i bambini furono avvolti da una luce accecante, punteggiata solo da una macchia di blu.
“Il mio palloncino blu! E’ ritornato!” urlò felice il bambino, afferrandolo al volo.
“Prendilo, “le disse poi “ ti riporterà a casa”.
“E tu? ” chiese Zube, triste a quel pensiero “Mi mancherai, e mi mancherà ballare con te…”
“Questo è un Faro magico” la rassicurò teneramente il bambino. “Lo vedrai dal tuo mondo come una stella del cielo. Di notte il suo blu sfiorerà il blu del tuo cuore.”
“E nel tuo mondo? Cosa accadrà?”
“Nel mio mondo il Faro illuminerà ancora il mare. E io potrò salpare con la mia barchetta e venire a trovarti nei sogni”
Aveva ancora il filo bianco tra le dita, mentre finiva il suo succo di mirtilli.
Sorrise.
Era blu. Il blu più bello che c’era.
Giuseppina Ottieri

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