Una finestra sul cielo
Ogni sera il nonno portava il nipotino in riva al mare a guardare le stelle: a Paoletto piaceva stare col naso all’insù e cercare Orione, le due Orse, la Stella Polare…; al nonno piaceva l’attenzione con cui scrutava la posizione degli astri.
«Quella è una stella o una pallina?» chiese una volta indicando una luce che saltava e rimbalzava a tutta velocità.
«Quella, davvero non saprei, – disse il nonno togliendosi il cappello e grattandosi la testa pelata – ma, perbacco, come corre! Vieni, andiamo al largo: là non arrivano le luci del paese e le stelle si distinguono meglio».
Sciolsero l’ancoraggio di una barchetta, vi salirono e, proprio in quel momento, proprio in quel punto, ma mooolto, molto più in alto, nel cielo…
«Ecco, ti hanno vista! Lucilla, che ti prende? Torna al tuo posto! Ti stanno già seguendo; ora resta immobile o combinerai un pasticcio!»
«Ma mamma, io m’annoio, voglio muovermi!»
«Tu non sei una cometa Lucilla, tu sei fatta per stare ferma, come me; se ti muovi disorienti i viandanti ; se poi scivoli potresti farti male o, peggio ancora, cadere, e lo sai cosa succede alle stelle cadenti: non tornano più in cielo! Allora su, da brava, torna al tuo posto, prima che si alzi il vento».
La stella, soffiando e sbruffando, tornò a brillare a fianco della mamma, proprio un attimo prima che sbucasse, all’orizzonte, una terribile bufera. Al vederla, le stelle tremarono e il mare si fece più scuro e minaccioso. I cavalloni urlavano sotto le spinte del vento e, nella foga della lotta, un’onda prepotente urtò la barchina. Il fianco oscillò pericolosamente e il bambino perse l’equilibrio: «Paoletto!» urlò il nonno slanciandosi per afferrarlo, ma… SPLASH!: era caduto in acqua.
«Nonno, nonno, sono qui!» chiamava la vocina nascosta tra le onde.
«Paoletto, non ti vedo, è troppo buio!»rispondeva quella del nonno dalla barca.
Tutto il cielo tratteneva il respiro, immobile, in attesa; ma non la piccola stella: «È lì, il bambino è proprio lì, mamma bisogna dirglielo, EHI, EHI.. non mi sente.. magari se mi abbasso un po’..» e mentre scendeva e si dimenava per avvicinarsi al mare e farsi sentire, inciampò in una piega del cielo e scivolò giù, giù e ancora più giù finché… SPLASH!
«Che tuffo!» esclamò stordita tra le onde e nuotò senza posa fino al punto dov’era il bambino. In questo modo, grazie alla sua luce, il nonno lanciò con decisione la rete da pesca e lo trasse in salvo.
«Se non fosse stato per lei!» si dissero, una volta a riva, liberando la stellina dalle maglie della rete: la poverina era esausta e bagnata, così la avvolsero nel berretto caldo del nonno e la portarono con loro, a casa.
Passarono i giorni e le merende, i giochi e le coccole fecero dimenticare a tutti, grandi e piccini, quella brutta avventura.
Finché una notte… Lucilla non riusciva proprio a prendere sonno: contò le nuvole, ma niente; provò a girarsi e ancora niente; e allora soffiò, sbruffò, sbadigliò e, nonostante tutto, niente: non si addormentava. Alla fine uscì dalla scatola di biscotti dove stava e andò ad affacciarsi alla finestra. Guardò in alto, ma i lampioni accesi nella strada le impedivano di vedere il cielo e improvvisamente si fece triste.
«Nonno, svegliati! – Paoletto irruppe nella camera dove il nonno russava sonoramente – Credo che a Lucilla manchi la mamma, vieni!»
La stella se ne stava tutta appiccicata al vetro, con le punte abbassate e una lucina fioca e intermittente.
«Hai ragione Paoletto – rispose il nonno pensieroso -ma purtroppo le stelle cadenti non possono tornare in cielo, tuttavia conosco un posto che fa al caso nostro!»
In fretta indossarono un maglione sopra il pigiama, avvolsero la piccina nel solito berretto di lana e si incamminarono verso la scogliera. Faceva un gran freddo lassù e il buio era totale. Sola, si ergeva a picco sul mare, una torre abbandonata e malmessa. Ripide scale portavano sulla cima dove il soffitto, franando, aveva aperto un’ampia finestra sul cielo. Ed era proprio a questa finestra che il nonno aveva pensato.
Quando la mamma riconobbe sulla torre la sua stellina sana e salva si mise a piangere dalla contentezza e divenne ancora più lucente e Lucilla balzò dal cappello e prese a saltare, a far capriole, tanto che pareva una girandola argentata e non la smetteva più di correre. E mentre ancora sfrecciava e girava, dal mare si udirono delle voci che gridarono: «Terra! Terra!». Una nave di migranti, smarrita in mezzo alla tempesta dei giorni precedenti, aveva avvistato il segnale luminoso sulla scogliera e, seguendolo, stava arrivando al porto.
L’indomani tutto il paese seppe che cosa era successo e accorse a salutare quella luce che aveva salvato così tante persone. Fu così che la stella restò in cima alla torre e si trasformò in faro che ancora oggi, ogni notte, saluta le stelle, porta soccorso ai marinai e fa compagnia ai nonni e ai bambini che vanno sulla scogliera a guardare il cielo.
Alessandra Manfredi