Olimpia
La sera il piroscafo a ruota Olimpia parte carico di merce dal porto del villaggio e gli abitanti augurano buon viaggio ai parenti, imbarcati come equipaggio, ed escono con le barche e delle lanterne, creando un mare stellato. Io, la mia mamma e i nonni partecipiamo sempre alla cerimonia del mare; volete sapere perché?
Il mio papà da otto anni è il comandante del piroscafo per essere precisa dal 1889 ovvero l’anno della mia nascita; sarà per questo motivo che il mio nome è Olimpia.
«Olimpia. Piccola birbantella…!» esclama la mamma «…lo sai che non puoi giocare nello studiolo di papà?».
Lo so bene, ma quando sento la sua mancanza mi piace curiosare tra le sue carte nautiche per viaggiare con la fantasia. Come sarebbe bello se appoggiando una di quelle grandi conchiglie all’orecchio anziché sentire la voce del mare potessi ascoltare quella di papà. Ma poi a tenermi compagnia arriva il nonno dicendomi: «Vieni con me Olimpia che ti insegno a fare delle barchette di carta».
Il villaggio dove abito si trova in Sicilia nel luogo in cui il mar Tirreno incontra il mar Ionio e il mio papà li conosce molto bene, infatti, quando torna mi dice: «Olimpia ti racconterò nuove storie di galeoni, isole, tesori nascosti e marinai».
Qui l’alta scogliera suona come un flauto quando il vento soffia attraverso fessure e grotte marine; spalancando le finestre la mia casa si profuma di mare mentre le tende gonfiandosi sembrano le vele del piroscafo. Ricordo la sera della partenza, lo osservai con il cannocchiale fino a quando lo sbuffo di vapore del fumaiolo e le luci svanirono; le stelle si tuffavano tra le onde, la luna creava un tappeto luccicante in mare, mentre il faro proiettava un ponte luminoso che attraversava le nuvole.
La nonna, talvolta, sedendosi al pianoforte mi chiede: «Olimpia, vuoi giocare con il teatrino delle marionette?» Quindi mentre suona allegramente, io faccio danzare le marionette, ed in fine, la mamma e il nonno applaudono divertiti.
Sono trascorsi sessanta giorni, stasera ritorna il piroscafo Olimpia. «Evviva, evviva arriva papà!» esclamo gioiosamente. Ma da qualche giorno c’è una brutta tempesta, il vento spinge grosse nuvole scure, il faro non si illumina perché danneggiato e le barche con le lanterne, per colpa della mareggiata, non possono uscire dal porto per la cerimonia di benvenuto.
Chiedo al nonno: «Come farà papà e il suo equipaggio a portare l’Olimpia in porto?»
Inaspettatamente accade un fatto incredibile; dal cielo scuro appare una sfera di luce intermittente che aumenta di dimensione e intensità man mano che si avvicina al villaggio. Arrivata sopra il faro la vediamo più chiaramente ed il nonno così la descrive: «È un’aeronave con un immenso pallone luminoso ad intermittenza ed una vela, mentre appesa c’è una costruzione simile a un galeone. Sembra un faro. Un faro volante.»
Nel frattempo il faro volante è atterrato e il suo equipaggio provvede ad ormeggiarlo.
Dal mare il fischio di una sirena e alcuni razzi luminosi allertano gli abitanti dell’arrivo del piroscafo che tra le onde dondola pericolosamente, ma l’abilità del mio papà e dell’equipaggio non lo fa capovolgere; quindi guidato dalla luce del faro volante raggiunge il porto e cala le ancore ricevendo il benvenuto festante degli abitanti.
La sera seguente la mia famiglia, per ringraziarlo del soccorso, incontra il capitano del faro volante che invitandoci a salire a bordo ci racconta: «Il faro volante è come un vascello, infatti, ha una plancia di comando per governarlo, le stanze per l’equipaggio, una cucina e una sala mensa, la cambusa per le provviste e il carbone. La mongolfiera è alimentata dal vapore e illuminata dal fuoco e un macchinario fatto di specchi e cristalli moltiplica la luce.»
La mattina seguente il faro del villaggio è perfettamente riparato, gli abitanti riconoscenti accompagnano la partenza del faro volante con una vivace cerimonia di barche che sembrano volare tra i gabbiani in un mare azzurro come il cielo.
Mariano Argentieri